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LA NUOVA FORMULA DEL
MATRIMONIO IN CHIESA

 

 

Dopo trentacinque anni la Chiesa cambia il rito del matrimonio. Ci sono voluti cinque anni di lavoro della Conferenza Episcopale italiana (CEI), per rivedere la cerimonia nelle sue parti essenziali.
Dal 28 novembre 2005 si potrà scegliere di sposarsi fra tre tipi di cerimonie religiose: quello tra i credenti e i praticanti che hanno già compiuto un cammino di fede parallelo, quello richiesto da coppie che, pur non frequentando la Chiesa assiduamente, desiderano comunque una celebrazione religiosa, e infine quello tra una persona cattolica e una atea, cioè non battezzata. Questa terza tipologia nuziale, secondo i promotori del cambiamento, riuscirà a portare all’altare coppie multietniche sino ad oggi obbligate a sposasi soltanto con il rito civile.
La differenza sostanziale sarà che il primo matrimonio avrà uno svolgimento più tradizionale, mentre gli altri due si baseranno soprattutto sulla liturgia della parola, ovvero sulle letture, in cui sono ridotti al minimo i riferimenti alla cristianità e ai sacramenti, e sul dialogo davanti al sacerdote tra i futuri marito e moglie, dialogo che si concluderà con la classica promessa di amarsi per tutta la vita.
Se a sposarsi sarà un ateo, si eviterà qualunque riferimento al Battesimo e, naturalmente, non si farà la Comunione, mentre la cerimonia risulterà incentrata quasi solo sulle letture.

Ecco le novità più importanti:

-Nei primi due tipi di rito, il matrimonio comincerà con la “memoria del Battesimo”, ovvero con il passaggio degli sposi dal fonte battesimale con in mano un cero, a significare che il matrimonio è collegato al primo sacramento che si riceve, e con l’aspersione della coppia e di chi assiste alla cerimonia; durante la preghiera dei fedeli verranno inseriti i nomi dei santi protettori degli sposi, quindi ci sarà la benedizione simile alla preghiera eucaristica. A questo punto gli sposi si avvicineranno all’altare per il consenso.

-Cambiano anche le parole: al momento del “si”, non si dirà più la formula storica del consenso: “Io… prendo te… come mia sposa o sposo”, ma si dirà: “Io…accolgo te come mia sposa o sposo”. Infatti, secondo la Chiesa il verbo “prendere”, insinua che l’altro sia considerato un oggetto mentre il verbo “accogliere”, mette in evidenza la dimensione del dono.



 
- articolo tratto da il settimanale "GENTE" -


 

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